I have a dream, 50 anni fa moriva Martin Luther King

Assassinato mentre si trovava su un balcone di un Motel di Memphis

Cinquant'anni fa moriva a Memphis l'attivista premio Nobel per la Pace, Martin Luther King. Erano le sei di sera del 4 aprile del 1968 quando il celebre leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani, fu assassinato a colpi d'arma da fuoco mentre si trovava su un balcone del Lorraine Motel.

Martin Luther King I have a dream

Il simbolo della lotta contro la segregazione razziale negli Stati Uniti ucciso da James Earl Ray nella città del Tennessee, da allora è diventato un martire della storia statunitense. Tanto che, in suo onore dal 1983 si celebra il Martin Luther King Day. La festa, istituita dall'allora presidente Ronald Reagan, cade ogni anno il terzo lunedi' di gennaio. In memoria della nascita del pastore battista avvenuta ad Atlanta il 15 gennaio del 1929.

I have a dream, il celebre discorso rimasto nella storia dei diritti civili

Era il 28 agosto del 1963, cinque anni prima della morte di Martin Luther King, quando una frase di un suo celebre discorso entrò a far parte della storia. Con 'I have a dream', l'allora 34enne pastore battista, davanti al memoriale di Abramo Lincoln e a centinaia di migliaia di persone, chiedeva di mettere fine alla discriminazione razziale. Diciassette minuti di storia, in cui il leader del movimento per i diritti civili, chiedeva di realizzare il sogno di uguaglianza per cui si era sempre battuto. Invocando pari diritti per gli afroamericani.

Martin Luther King I have a dream

Un anno dopo, il 14 ottobre 1964, il Parlamento norvegese dichiarò King vincitore del Premio Nobel per la pace. Il celebre attivista disse che ad ottenere il premio erano state tutte le 'nobili' persone che avevano lottato nel movimento per i diritti civili.

Le ultime indagini su Martin Luther King: nessun complotto, fu un gesto isolato

Per anni si sono rincorse molte teorie sulla morte del leader statunitense, tra ipotesi di cospirazione e complotti ad alti livelli. Ma indagini su indagini hanno portato gli investigatori a una conclusione. Martin Luther King fu vittima del gesto di un killer isolato. Nel 2000, per l'ennesima volta, nuovi accertamenti si sono chiusi senza prove tangibili sull'ipotesi del complotto. A spezzare il 'sogno' di King e di milioni di afro-americani, hanno concluso gli investigatori, fu solo e soltanto James Earl Ray.

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Le leggende (metropolitane) della musica

I misteri sulla morte (e la vita) delle leggende del rock

Il mondo della musica e dello spettacolo in generale è pieno di leggende, di morti giudicate misteriose, come quelle del Club dei 27 o della maledizione della Nona. Del resto fa parte del gioco continuare a parlare delle star dopo la loro scomparsa. Suicidi, omicidi o tragiche fatalità. Poco importa, 'The show must go on', e credere che un mito del rock non sia mai morto o che ci siano verità nascoste dietro la sua dipartita, le fa restare sempre vive nell'immaginario collettivo. Così si moltiplicano come funghi i teorici della cospirazione, del complotto e delle maledizioni legate alle storie dei paladini del rock.

Vivo, morto o X

Ma veniamo ai casi più noti di cui si continua a parlare, tra miti, leggende e maledizioni.

Paul McCartney è morto - "Sono vivo e sto bene, e non mi interessa delle voci sulla mia morte. Ma se fossi morto, sarei stato l'ultimo a saperlo". Conosciuta con la sigla PID (Paul is Dead), la leggenda sulla presunta morte di McCartney è molto diffusa nel mondo della musica. Secondo alcune voci, il bassista dei Beatles sarebbe morto in un incidente stradale il 9 novembre 1966 e sostituito segretamente da un sosia, che ne vestirebbe i panni ancora oggi e che sarebbe stato scovato tra i partecipanti a un concorso promosso dal fan club ufficiale della band "cerchiamo il sosia di Paul McCartney". Ma il nome del vincitore non venne mai comunicato. Tre anni più tardi, gli studenti di un collage americano, pubblicarono articoli che affermavano che gli indizi sulla presunta morta di Paul McCartney, si potevano trovare tra i testi e le opere dei Beatles.

Il Club dei 27 e la maledizione della Nona. Le leggende metropolitane della musica rock

Vivo, morto o X continua...

Elvis Presley è ancora vivo - Elvis Presley avrebbe inscenato la propria morte il 16 agosto del 1977 per allontanarsi in modo definitivo dallo show business e dall'affetto morboso dei suoi fans. Tra le motivazioni dei sostenitori di questa teoria, ci sarebbe il peso della bara e l'aspetto del cadavere. Nonché la registrazione di una telefonata dello stesso Elvis avvenuta qualche anno dopo la sua morte ed i molteplici avvistamenti della rockstar. Un'altra ipotesi, ancora più azzardata, parlerebbe della natura aliena di Elvis, che sarebbe quindi tornato al suo pianeta di origine. Tale ipotesi viene ripresa nel film 'Man in Black' e nella canzone del complesso Dire Straits dal titolo 'Calling Elvis'.

Michael Jackson ha inscenato la sua morte - Il 25 maggio del 2009, all'età di cinquanta anni, Michael Jackson viene dichiarato morto dai medici dell'ospedale Ronald Reagan UCLA Medical Center. Per la sua morte, viene condannato per omicidio colposo involontario il medico personale di Jackson. La morte della popstar, avvenuta in circostanze ritenute sospette, ha dato origine a svariate teorie del complotto. Una secondo cui, sarebbe vivo e vegeto, lontano dai riflettori per sua scelta. E come avvenuto per altri personaggi del mondo dello spettacolo, si insinua il dubbio sulla reale morte e su una possibile verità nascosta.

Il club dei 27

Il Club dei 27, artisti del calibro di Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Curt Cobain e più recentemente Any Winehouse. Rockstar morte a soli ventisette anni, non sempre in circostanze molto chiare. Uno studio condotto dalla psicologa australiana Dianna T. Kenny, dell'università di Sidney, ha smentito di fatto che l'età di morte più diffusa tra i musicisti sia proprio ventisette anni. Lo studio ha infatti preso in esame oltre dodicimila musicisti deceduti tra il 1950 e il 2014, ed ha dimostrato come la maggior parte di essi, fosse morta all'età di cinquantasei anni.

Certo è che le rockstar, avevano una probabilità di morire giovani più alta rispetto al resto della popolazione. E non sorprende, che il periodo compreso tra il 1970 ed i primi anni '80, sia stato il più rischioso per le i miti della musica rock, a causa del diffuso consumo di droga.

Il Club dei 27 e la maledizione della Nona. Le leggende metropolitane della musica rock

La maledizione della Nona, anche la musica classica non scherza

Ma è curioso, anche se parliamo per lo più di leggende del rock, che anche il mondo della musica classica non sia rimasto esente da misteri. Uno su tutti, quello che è stato ribattezzato come la maledizione della Nona. Pare infatti che molti compositori siano morti dopo aver scritto la loro Nona Sinfonia. I due esempi più famosi sono Beethoven e Mahler.

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Apple, la stella nata 42 anni fa da un pesce d'aprile

Tra i fondatori della Apple il rivoluzionario Steve Jobs

Altro che pesce d'aprile: 42 anni fa nasceva la Apple, stella venuta al mondo sotto il cielo di Cupertino. Pronta ad illuminare non solo la Silicon Valley, ma tutto il mondo con la famosa Mela che tutti conosciamo. Steve Jobs, l'informatico e inventore statunitense che ha saputo fare la differenza non solo con il suo prodotto ma con le sue idee rivoluzionarie, il primo aprile del '76 diede vita a un sogno che continua ad alimentarsi di giorno in giorno.

Con Jobs, tra i fondatori del mondo Apple, Steve Wozniak, che lavorava presso la Hewlet Packard come programmatore e che fu il progettista del primo computer venduto dalla casa di Cupertino. E Ronald Wayne, che con Jobs lavorava all'Atari nel settore dello sviluppo dei videogame.Così dalle menti del trio nacque l'azienda leader nella produzione di sistemi operativi, computer e dispositivi multimediali.

Think different, una mela per un sogno lungo 42 anni

Think different: uno slogan che ormai è associato senza se e senza ma al marchio Apple, in uso tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del 2000. Coniato dall'agenzia pubblicitaria TBWA\Chiat\Day di Los Angeles, lo slogan che davvero ha rivoluzionato il pensiero fu creato per accompagnare la campagna di lancio dei computer prodotti dalla Apple PowerBook G3 e iMac.

Apple think different cupertino

E cosa dire della mela che identifica da sempre il colosso mondiale. Un simbolo che ha fatto discutere tra leggenda e realtà. C'è chi dice che Jobs lo propose solo perchè era il suo frutto preferito, mentre un'altra teoria ritiene che fu un omaggio alla casa discografica dei Beatles, la 'Apple Records'. Ma il primissimo logo, utilizzato solo per gli Apple I, fu disegnato da Ronald Wayne. Protagonista, con uno sfondo barocco, era Isaac Newton seduto sotto un melo. Solo dopo nacque la mela con il morso, un'immagine più semplice ma molto evocativa e protagonista di numerose teorie bizzarre sulla sua venuta al mondo.

La Apple di Steve Jobs e quel discorso: 'Siate affamati, siate folli'

Steve Jobs è stato amministratore delegato di Apple Inc, fino al 24 agosto 2011, quando si dimise per motivi di salute, assumendo la carica di presidente del consiglio di amministrazione. Era il 5 ottobre dello stesso anno quando morì nella sua casa a Palo Alto in California, all'età di 56 anni.

Apple think different cupertino

Di quel giovane che iniziò il sogno Apple a Cupertino resta l'eredità lasciata ai ragazzi di oggi in un celebre discorso. Il 12 giugno 2005, formulando gli auguri ai laureandi di Stanford, pronunciò la celebre frase: "Stay Hungry. Stay Foolish" .Siate affamati, siate folli. Un messaggio di addio di un vero rivoluzionario del pensiero.

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La Torre Eiffel inaugurata a Parigi nel 1889

Torre Eiffel, il simbolo di Parigi e della Francia

La torre Eiffel fu inaugurata il 31 marzo 1889, diventando il monumento più celebre di Parigi e riconosciuta in tutto il mondo come simbolo della città stessa e della Francia. Il monumento prende il nome da Gustave Eiffel, che contribuì al progetto e lo realizzò per celebrare il centesimo anniversario della rivoluzione francese. L'esposizione universale, tenutasi nella città parigina lo stesso anno, fu l'occasione per mostrare ai visitatori un edificio di dimensioni colossali, all'epoca, il più alto del mondo.

Un mostruoso capolavoro in metallo

Il simbolo della rivoluzione industriale parigina venne aperto al pubblico nove giorni dopo l'inaugurazione dell'esposizione. Aveva un peso complessivo di oltre diecimila tonnellate ed un altezza di trecentoventiquattro metri. Rimane il monumento a pagamento più visitato al mondo, con oltre duecento milioni di visitatori dal 1899. Eppure, al momento della sua costruzione, fu oggetto di polemiche e critiche per la mancanza di qualsiasi senso artistico. Fu paragonata ad un chiodo, un candelabro, una torre ridicola che sovrastava la città, la cui costruzione non avrebbe mai dovuto essere permessa.

Parigi 1889, inaugurata la Torre Eiffel

Non tutti sanno che la progettazione di base della torre Eiffel fu opera di Koechlin e Nouguier, due ingegneri che lavoravano alle dipendenze di Eiffel. Durante la costruzione, un operaio italiano perse la vita cadendo accidentalmente dai ponteggi. Per proteggere il monumento dalla corrosione, i duecentomila metri quadrati della torre, vengono verniciati ogni sette anni. Sono necessarie circa sessanta tonnellate di vernice applicate in sedici mesi per un costo complessivo di tre milioni di euro.

Parigi 1889, inaugurata la Torre Eiffel. Copie Torre Eiffel

Numerose sono le copie de 'La Dame de fer' in giro per il mondo. In Texas ne esiste una realizzata con un cappello da cowboy in vetta. Quella di Las Vegas, presso l'hotel-casinò Paris Las Vegas è la replica che più somiglia all'originale, mentre quella di Tokio misura ben trecentotrentatrè metri.

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Pasqua, storie e curiosità sulla colomba tra sacro e profano

Le tre leggende sulle origini del dolce di Pasqua

La colomba è il dolce tipico della Pasqua, si sa. Ma le storie e le curiosità che si celano dietro il soffice dessert della festa sono innumerevoli. A cominciare dalle leggende sulla sua origine. La più nota è quella che racconta della comparsa della colomba in epoca longobarda. Dopo la conquista della città di Pavia, il re Alboino chiese in dono oro, preziosi e dodici ragazze di sedici anni. Ma alla fine fu sedotto dalla delizia che gli preparò lo chef di Corte. Un pane dolce a forma di colomba, in segno di pace, soffice e prelibato.

Ancora più curiosa la leggenda, ambientata nel 612 sempre a Pavia, che vede protagonista l’abate irlandese Colombano. Invitato a pranzo con i suoi monaci dai sovrani longobardi, l'abate rifiutò di approfittare di quel ricco banchetto a causa dell'austerity pasquale. Austerity che gli fece rischiare l'incidente diplomatico. La regina Teodolinda si offese, ma Colombano salvò la situazione spiegando che avrebbero mangiato la carne dopo averla benedetta. L'abate alzò la mano destra in segno di pace, e in quel momento i cibi nei piatti si trasformarono il colombe bianche. Da allora la regina Teodolinda gli fu devota, tanto da domargli il territorio dove fu poi eretta l’abbazia di San Colombano.

colomba bianca pasqua

E ancora, una terza leggenda vuole ricondurre le origini della colomba alla battaglia di Legnano, nel 1176, in occasione della schiacciante vittoria dei Comuni della prima Lega Lombarda sull’imperatore germanico Federico Barbarossa. Un condottiero della Lega, dopo aver visto due colombi avvicinarsi alle insegne longobarde, per nulla preoccupati dell'avvicinarsi della battaglia, avrebbe fatto preparare dai cuochi dei pani a forma di colomba. Un dolce per infondere coraggio nei suoi uomini e invocare la vittoria del Carroccio.

L'intuizione commerciale della colomba nella Milano degli anni '30

Dalle origini mitologiche, a quelle commerciali. Siamo sempre in territorio lombardo come nelle leggende, ma l'invenzione industriale della colomba pasquale risalirebbe ai primi del Novecento. Fu il direttore della pubblicità dell'industria dolciaria Motta, Dino Villani, nella Milano degli anni ’30, ad avere l'intuizione che poi si rivelò di successo.

colomba pasqua milano motta

Nacque così il dessert della Pasqua con le sue tante varianti. Villani, assunto dalla Motta nel 1934, per rilanciare la Ditta, fu autore dell'invenzione pubblicitaria della colomba, della festa della mamma e di quella di San Valentino. E fu lui che diede vita alla celebre emme maiuscola della Motta.

Il chiaro richiamo simbolico della colomba alla tradizione cristiana

Leggende, curiosità e intuizioni commerciali animano la storia della colomba pasquale. Ma il richiamo più forte è ai simboli della tradizione cristiana. La colomba come rappresentazione dello Spirito Santo, più volte ricorrente nelle Scritture, nel Vecchio e Nuovo Testamento. Dall’Arca di Noè alla Risurrezione di Cristo, il simbolo della pace che vola con un ramoscello d'ulivo è associato a ideali di speranza e della prosperità.

colomba Pasqua cimitero croce

La colomba milanese e la 'palummedda' siciliana

Se l'invenzione commerciale è targata Milano, quando parliamo di colomba pasquale della tradizione italiana dobbiamo indicare due aree geografiche, riconosciute come prodotti agroalimentari tradizionali P.A.T. dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) . Oltre alla colomba lombarda c'è quella diffusa in Sicilia, chiamata anche 'palummedda' o 'pastifuorta'. Si tratta di piccole colombe in pastaforte, realizzate con zucchero, farina doppio zero e cannella. Hanno una forte consistenza, da qui il nome di pasteforti.Tramandata dai nonni ed ancora prima, si dice che fosse regalo di scambio tra i fidanzati.

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Cinque anni senza Enzo Jannacci, re di Milano in scarpe da tennis

Il 29 marzo del 2013 ci lasciava un pezzo della musica, e non solo

Cinque anni senza Enzo Jannacci: il 29 marzo del 2013 ci lasciava uno dei protagonisti più geniali e mai banali della musica italiana, e non solo. Cominciò a cantare in dialetto milanese, un segno distintivo delle sue origini e dell'amore incondizionato per una città con cui quel legame viscerale non si è mai interrotto. A Milano il re in scarpe da tennis dedicò il suo primo album, agli inizi degli anni Sessanta, recitando in musica autentiche poesie. Da 'El portava i scarp del tennis' a 'T'ho compraa i calzett de seda', fino a 'Andava a Rogoredo'

L'intervista inedita del 1987, Enzo Jannacci ci sorprende ancora

A distanza di cinque anni dalla sua morte, Jannacci ci lascia in eredità i tanti messaggi di umanità contenuti nelle sue canzoni. Ma ci lascia anche una sopresa: un'intervista inedita del 1987 venuta alla luce di recente dalle stanze dell'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa d'Ivrea. L'intervista verrà proiettata questa sera (29 marzo 2018) al Museo Interattivo del Cinema di Milano nella serata 'Il più grande di tutti', voluta per ricordare l'artista nel quinto anniversario della scomparsa. E anche qui viene fuori tutta la sua umanità, mentre dice che "I diversi sono quelli per cui noi siamo diversi".

Enzo Jannacci, re di Milano in scarpe da tennis

Umanità e ironia, l'importante è esagerare

Umanità ma anche grande ironia: nell'intervista inedita c'è tutto questo. Uno Jannacci con il suo volto inimitabile ma nelle sue mille versioni: sotto la doccia, a passeggio o sui pattini a rotelle mentre va su e giù nei reparti della Rinascente come se fosse a casa sua. E ancora Enzo in palestra o comodamente in sauna. Scene riprese per il programma TV 'L'importante è esagerare', mai trasmesse e ritrovate dopo anni come una reliquia, nell'archivio di Ivrea. I suoi versi dal linguaggio rivoluzionario, a tratti surreale e unico nel suo genere, riecheggiano ancora nella sua Milano, in Italia e nel mondo.

I cinque percorsi meneghini dedicati a Enzo Jannacci

Il legame tra Enzo Jannacci e il capoluogo meneghino è indiscutibile. Nato a Milano il 3 giugno del 1935, 80 anni dopo, il 26 settembre 2015 il Comune lombardo ha voluto celebrarlo inaugurando il Percorso Jannacci. Cinque punti d'interesse che rimandano all'opera del cantautore. Il primo, una targhetta commemorativa ispirata alla canzone 'E io ho visto un uomo', si trova in via Lomellina angolo via Sismondi. Il secondo, a opera dell'artista cubano Danis Ascanio vicino alla fermata del passante ferroviario Forlanini,  si trova proprio nel viale che percorreva il senzatetto della canzone 'El portava i scarp del tennis' e raffigura appunto un paio di scarpe da tennis.

Enzo Jannacci, re di Milano in scarpe da tennis tram milano

Il terzo e il quarto luogo, entrambi citati nella canzone 'La forza dell'amore' scritta da Dario Fo, si trovano in piazzale Susa angolo viale Campania e in piazza Martini 14. Infine il quinto luogo d'interesse, per ricordare la canzone 'Andava a Rogoredo' è un murale che decora il sottopassaggio tra via Rogoredo e via Orwell a opera degli artisti di strada Ste-Marta, Mister Caos e Francesca Pels.

Cinquant'anni di carriera al di fuori di ogni schema

Enzo Jannacci è stato un cantautore, cabarettista, attore e cardiologo italiano. Mille sfaccettature e cinquant'anni di carriera al di fuori di ogni schema. Per mettersi ogni volta in gioco, album dopo album (circa trenta quelli registrati), tra rock and roll, ballate, poesie e duetti indimenticabili. Come quello con Giorgio Gaber, simbolo di una Milano pronta a spiaccare il volo per diventare una grande metropoli. Una Milano fatta ancora di volti bizzarri e macchiette, dove c'era ancora la nebbia, una Milano che Jannacci ha sempre portato addosso come un vestito che gli calzava alla perfezione. Per la sua squadra, il Milan, Jannacci nel 1984 aveva scritto l'inno.

Enzo Jannacci, re di Milano in scarpe da tennis

Il re di Milano in scarpe da tennis era davvero unico e inimitabile. Una citazione, quella di Gianni Mura, lo descrive più di ogni altra: "Mettiamola così: Jannacci non ha mai rifatto il verso a nessuno e nessuno ha mai imitato Jannacci. E già questo lo isola. Può cantare canzoni di altri (da Fo a Chico Buarque, da Conte a Fortini) e altri possono cantare canzoni sue (da Tenco a Milva, da Mina a Lauzi), ma resta un isolato".

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Le nostre manie, tra superstizione e ossessionante follia

Quelle simpatiche manie, non è vero ma ci credo

Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatte le nostre manie, per parafrasare con un pizzico di ironia William Shakespeare. Per qualcuno è superstizione, per altri l'ossessione nascosta da sempre negli angoli della mente diventa follia. Se sali le scale e parti con il piede sbagliato la giornata non inizierà di certo per il verso giusto, se passi sotto una scala l'auspicio non sarà dei migliori. Per non parlare dello specchio rotto e delle disgrazie che la sua caduta in frantumi potrebbe portare con sè per ben sette anni.

totò manie e superstizione

Come si dice, non è vero ma ci credo. Sappiamo che non c'è nulla di razionale, ma siamo comunque convinti che un evento possa essere determinato, nel bene o nel male, dai nostri comportamenti. Di superstizione ne parlò anche Cicerone nel 'De natura deorum', e non a caso la definì devozione patologica. Un chiaro riferimento alle preghiere quotidiane per ottenere dalla divinità salvezza dalle sventure. Inutile dire che anche noi, umanità 3.0 affascinata dall'intelligenza artificiale, da quelle credenze antiche molto spesso non ci vogliamo proprio staccare. E alzi la mano chi non possiede almeno un corno portafortuna rosso fiammante per evitare situazioni alquanto spiacevoli.

I gesti scaramantici, quelle manie che aiutano a ridurre l'ansia

I gesti scaramantici sono un'autentica liberazione dall'ossessione di cadere vittime del fato. Non si potrà mai far credere il contrario a chi è convinto che venerdì 13 porti sfortuna, che vedere un gatto nero sia un cattivo presagio e che toccare ferro porti bene, soprattutto se è un ferro di cavallo. A proposito degli 'estimatori' del ferro come anti-sfiga, resteranno sorpresi da una curiosità: in Inghilterra e in altri Paesi nordici, come formula di scongiuro si dice toccare legno. Ma tra il ferro e il legno, c'è un universo di gesti quasi meccanici che aiutano a ridurre l'ansia, affinchè tutto vada per il verso giusto. 

Le date e i giorni no, un vero tormento per i followers della superstizione

E poi ci sono i giorni no. Di Venere e di Marte non si sposa nè si parte, nè si dà principio all'arte, dice un antico proverbio. Rafforzato da un altro mantra della credenza popolare che sostiene senza mezzi termini che chi ride di venerdì piange la domenica. Insomma, c'è chi davvero fa di tutto per non far cadere un avvenimento importante il martedì e il venerdì. Una convinzione che ben si sposa all'ossessione per il numero 17. Un numero che nella smorfia napoletana simboleggia la disgrazia, una data per alcuni coincidente con l'inizio del diluvio universale, e un numero già odiato nell'antica Grecia, a detta del filosofo Plutarco. Neppure il 13, se associato al venerdì, gode di grande fama tra i followers della superstizione.

friday 13 manie e superstizione

Quelle manie quotidiane, dai poveri mortali alle star

Nessuno sembra immune dalle manie quotidiane, che a volte diventano ossessione e follia. Ma tant'è che se si ripetono certi rituali siamo convinti che tutto andrà come deve. C'è chi ogni mattina deve bere il caffè nella stessa tazzina e girare lo zucchero con lo stesso cucchino. Chi non si alza dal letto se l'orario sulla sveglia riporta un numero dispari: mai mettere i piedi a terra se sono le 7 e 17! E non sono drammi quotidiani che riguardano solo i poveri mortali. Anche le star sembrano ossessionate da certe superstizioni.

Charlize Theron è ossessionata dall'ordine: tutto deve essere al suo posto in casa, e gli oggetti ben allineati, altrimenti rischia di non dormire la notte. Cameron Diaz ha invece la mania dell'igiene personale, in particolare per le sue mani: devono essere sempre pulite, e ha ammesso di lavarle anche cento volte al giorno. E per aprire la porta, udite udite, usa spesso i gomiti. I marciapiedi sono invece la folle ossessione di Leonardo Di Caprio: ha raccontato che da bambino, di ritorno da scuola, doveva mettere i piedi negli stessi blocchi e passare sulle stesse crepe di cemento. E ancora, Jodie Foster che avrebbe paura dello shopping: "Quando entro in un negozio la mia faccia si contrae e mi precipito fuori, rintanandomi in macchina". E dire che la maggior parte dei comuni mortali, malati di shopping ossessivo-compulsivo, soffre del disturbo opposto!

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La metamorfosi della rana e i suoi mille volti

Da girino a rana, la metamorfosi

Un girino diventerà presto una giovane rana. Dalla comparsa delle zampe posteriori prima a quelle anteriori poi, fino alla scomparsa della coda. Scompaiono le branchie, crescono i polmoni e la metamorfosi è completa. La sua vita, dall'acqua, passa al terreno. Una trasformazione che deve avvenire molto presto, perché i girini devono elaborare strategie di sopravvivenza per abbandonare il più presto possibile il loro primo, precario, ambiente di vita, e fare il grande salto. Una metamorfosi affascinante quella della rana, che nell'immaginario collettivo ha dato vita a storie e leggende, trasmissioni tv, fiabe e molto altro.

Trasmissione televisiva e anime

'Kermit la Rana' è un personaggio immaginario del mondo dei 'Muppet', la ciurma di pupazzi e personaggi in costume andati in onda con la trasmissione televisiva 'Muppet Show' dal 1976 al 1981. 'Kermit la Rana' è forse la figura più famosa del gruppo, nei panni del presentatore e direttore di scena della serie televisiva. Una fama che ha reso Kermit 'The Frog' una icona del cinema, tanto che gli è stata dedicata una stella nella Hollywood Walk of Fame.

'La banda dei ranocchi' è invece un anime giapponese del 1973, composto da 39 episodi. Il protagonista della storia è 'Demetan', un giovane ranocchio di umili origini che fa amicizia con una graziosa ranocchia di nome 'Ranatan', figlia del sindaco del villaggio delle rane dello stagno. Una coppia al centro di numerose avventure, a volte ostacolata anche dal padre di 'Ranatan', ma forte nel difendere la 'frog story'. Tra le curiosità, la sigla dell'omonima trasmissione televisiva fu cantata da 'Le Mele Verdi'.La metamorfosi della rana e i suoi mille volti

Videogioco e stile di nuoto

'Frogger' è anche un videogioco d'azione arcade datato 1981 e sviluppato dalla Konami. Considerato un classico,  'Frogger' è stato un must, fonte di ispirazione per altre piattaforme. L'obiettivo del gioco è di portare la rana al di la dell'autostrada e del fiume prima dello scadere del tempo.

Nella versione 'Rana' è anche uno dei quattro stili ufficiali di nuoto. Considerato lo stile più lento ma anche quello più faticoso e complesso. Simile al movimento dell'omonimo animale, lo stile che si ispira alla rana vede il nuotatore impegnato a muovere le braccia in avanti formando una specie di cuore con la punta davanti, con le gambe che invece formano un cerchio.

Commedia teatrale e stella

E ancora, 'Le Rane' hanno ispirato l'omonima commedia teatrale di Aristofane, messa in scena per la prima volta al teatro di Dionisio, Atene nel 405 a.C. La commedia racconta quella precisa fase storica, in cui la città greca stava attraversando uno dei periodi più difficili della sua storia, perdendo la supremazia. 'Le rane' è ricca di riferimenti storici, nonostante il titolo atipico. Riferimenti che si perdono nell'incontro di Dioniso con le rane, che cantano il loro amore per la poesia.

Molto poetica è anche 'Delta Eridani', una stella della costellazione di 'Eridano di Magnitudine', conosciuta anche con il nome tradizionale 'Rana'. Si trova a circa ventinove anni luce e mezzo di distanza dal sistema solare. La 'Rana' è una stella subgigante arancione, relativamente vicina alla Terra, con una massa stimata in 1,33 volte quella solare.

Favola e canzone

'La rana e il bue' è una favola dello scrittore Greco Esopo la cui morale è: non bisogna mai tentare di apparire ciò che non siamo. E alzi la mano chi non associa il rospo al protagonista di un brutto incantesimo. Come nella fiaba del principe ranocchio dei fratelli Grimm, dove il bacio della principessa trasforma il malcapitato in un bellissimo principe.

Favole ma anche altro. 'La rana e lo scorpione' è una canzone degli 883 uscita nel 2005 il cui significato verte sull'immutabilità degli istinti degli individui. ..."Perché sono una scorpione" - rispose lui "è la mia natura!".

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Addio a Fabrizio Frizzi, mattatore TV e volto della porta accanto

Frizzi è morto a 60 anni, artista affermato senza ambizioni sfrenate

Con Fabrizio Frizzi, morto nella notte a Roma all'età di 60 anni per un'emorragia cerebrale, se ne va un pezzo della televisione italiana. E non solo. Se ne va un pezzo di quell'Italia virtuosa, garbata e mai volgare. Un conduttore esemplare che non ha mai avuto alcuna distanza dal suo pubblico e dalla gente. Fabrizio Frizzi aveva il volto fresco e pulito dell'uomo della porta accanto. Un sorriso che ha conquistato tutti. Una pacatezza che lo ha fatto amare dal pubblico più di ogni altro. Un ragazzo "senza ambizioni sfrenate", come ha detto commosso nel ricordarlo Pippo Baudo.

Il 23 ottobre scorso era stato colpito da un'ischemia

Un artista che aveva il volto dell'eterno ragazzo, fin dal 1981, quando aveva esordito proprio nella tv dei ragazzi, con 'Il barattolo'. Prima come inviato e poi come conduttore fisso. Così, in punta di piedi, era entrato nelle case degli italiani, per diventare giorno dopo giorno artista affermato e amico della gente. Frizzi era nato a Roma nel 1958 e il 5 febbraio aveva compiuto 60 anni. Il 23 ottobre scorso era stato colpito da un’ischemia, durante la registrazione di 'L’Eredità'. Dopo il ricovero tornò in tv a dicembre.

Dietro le quinte di Miss Italia, nel 2002, conobbe la moglie Carlotta

Quando era tornato sugli schermi dopo l'ischemia, Fabrizio Frizzi aveva voglia di ripartire e lottare. Per la figlia Stella, avuta cinque anni fa dalla moglie, Carlotta Mantovan, conosciuta dietro le quinte di 'Miss Italia'. Programma condotto da lui per ben 18 edizioni: in quella del 2002 conobbe la futura moglie.

Era un mattatore gentile e riservato, capace di mettersi in gioco ogni giorno, come quando partecipò come concorrente a Tale e quale show. Qui entrò nei panni di Piero Pelù, con la stessa naturalezza nell'interpretare Enrico Ruggeri e Sordi. Prima del matrimonio con la Mantovan, Frizzi era stato sposato (dal '92 al 2002) con Rita Dalla Chiesa, conosciuta nell'82 durante la conduzione di 'Tandem' con Enza Sampò.

Il garbo di Fabrizio Frizzi, 73 programmi e una risata contagiosa

Il garbo di Fabrizio Frizzi, che diceva di avere come modello l'indimenticabile Corrado, è stato un suo punto di forza fin dal debutto. Ha condotto ben 73 programmi, con naturalezza, accompagnati dalla sua contagiosa risata. Dai tempi di 'Pane e marmellata'  a 'Scommettiamo' che a 'Europa Europa', al preserale 'Luna park' alla maratona benefica 'Telethon', fino a 'Miss Italia' e 'I soliti ignoti'.

E ancora, nel 2014 fu scelto per condurre 'L'eredità', una delle più importanti trasmissioni di Rai 1, subentrando a Carlo Conti. Ebbe così tanto successo che Conti, suo amico fraterno,  da quel momento decise che si sarebbero alternati alla guida del quiz tv,  che è stato il suo ultimo programma, quello in cui ha detto addio alla tv. Il 23 ottobre scorso infatti, fu colto dall'ischemia mentre stava registrando una puntata. Sostituito ancora una volta dall'amico Carlo Conti, il 15 dicembre Frizzi tornò a dirigere 'L'eredità'. Ma purtroppo, ancora per poco.

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Buon compleanno Vespa, lo scooter Piaggio compie 72 anni

Vespa, lo scooter sex symbol delle due ruote

L'intramontabile due ruote della Piaggio, la mitica Vespa, spegne oggi 72 candeline. Era il 24 marzo del 1946 quando l'icona del design e del costume italiano fu presentata alla Mostra della Meccanica e della Metallurgia a Torino. Fu amore a prima vista. Tanto che qualche giorno dopo, il 15 aprile del '46 'La Moto' gli dedicò la sua prima copertina in bianco e nero. Il sex symbol delle due ruote, rivisitato nel tempo tra moda e società, ha raccontato il nostro made in Italy.

Vespa lo scooter Piaggio

Nel '63 Corradino D'Ascanio diede vita alla mitica Vespa 50

Fino agli anni Sessanta la vespa di cilindrata 125 o 150 era il classico mezzo familiare adatto a tutte le esigenze. Ma nel 1962, con l'introduzione della targa obbligatoria per i veicoli di cilindrata superiore ai 50cc, il mercato degli scooter subì una forte scossa. La risposta fu immediata. Nel 1963 l’ingegnere Corradino D'Ascanio, che mirava a differenziare il pubblico dei clienti Piaggio, ebbe l’idea di realizzare un mezzo adatto anche ai più giovani. La Vespa 50, che senza obbligo di targa è patente, scavalcò la crisi generata dal vincolo normativo, ottenendo un immediato successo.

Il modello base costava 102mila lire, molto amato anche dalle donne

I giovanissimi, che fino ad allora rappresentavano un piccola parte del target Piaggio, diventavano, con il loro crescente peso nella vita sociale e nei consumi, i principali referenti dell'azienda e i primi entusiasti acquirenti del veicolo che si guidava a soli 14 anni senza patente e difficoltà, soprattutto per il pubblico femminile, grazie al suo peso limitato a 66 kg e alle piccole dimensioni. Il modello base era in commercio a 102mila lire.

Vespa lo scooter Piaggio

A cavallo dei ruggenti anni Sessanta, Vespa supera il traguardo dei 2 milioni di unità prodotte; saranno 4 milioni nel 1970, e oltre 10 milioni nel 1988, tanto da fare della mitica due ruote, oggi arrivata a quote molto più ampie, un fenomeno unico nel settore.

Lo scooter Piaggio protagonista delle 'Vespa Boutiques' negli States

Del tutto eccezionale e unica è la storia di Vespa PX (125, 150 e 200cc). Il modello PX rappresenta per i clienti europei il vintage originale. Nata nel '77, continua ad avere un successo senza tempo. Nel '96, l’anno del cinquantenario dello scooter più famoso del mondo, nasce la gamma Vespa ET4 ed ET2.

Linee morbide, motori a basso impatto ambientale, freni a disco per la massima sicurezza attiva, eccezionale comfort, i modelli della nuova generazione sono oggi in vendita anche nelle numerose 'Vespa Boutiques' statunitensi disseminate tra la California e la Florida, New York e le Hawaii.

Negli anni della Dolce Vita, la Vespa 'attrice' in centinaia di film

Ritornata a fine 2000 negli Usa (ne era uscita nel 1985, a causa delle norme antinquinamento che penalizzavano i motori due tempi) Vespa è immediatamente tornata a essere un successo commerciale oltreoceano. Non a caso si è ritagliata, nel giro di due anni, una quota del 20% circa del settore dello scooter negli States, un mercato ancora relativamente piccolo, ma in crescita.

Vespa lo scooter Piaggio della dolce vita

Ma Vespa non è solo un fenomeno commerciale. E’ qualcosa che coinvolge la storia del costume. Negli anni della 'Dolce Vita' la due ruote diventò sinonimo di scooter, i reportage dei corrispondenti stranieri descrivevano l’Italia come 'il Paese della Vespa' e il ruolo da lei giocato nel costume non solo italiano è documentato dalla presenza del veicolo in centinaia di film.

La storia della Piaggio continua...

Dal 2017 la versione elettrica. Il progetto conferma l'impegno della casa costruttrice nel far cambiare il modo in cui le persone si muovono, rispettando l'ambiente e senza intaccare lo stile, l'agilità e la semplicità d'uso che da sempre caratterizzano lo scooter più famoso al mondo.

La Vespa è stata esposta nei musei di design, arte moderna, scienza e tecnica di tutto il mondo ed è stata più volte utilizzata come simbolo del design italiano. Presente in modo permanente nella collezione del Triannele Design Museum di Milano e del MoMA di New York. Nel 2004, la giuria internazionale del Premio compasso d'oro, ha conferito a Piaggio il premio alla carriera per il design industriale.

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