Massimo Troisi, il comico dei sentimenti tradito dal suo cuore

Ventiquattro anni senza la comicità di Massimo Troisi

"Massimo entrò in scena e cominciò a improvvisare. Non la smetteva più. Ma insomma, gli dissi, abbiamo scritto una bella sceneggiatura, perché non la rispetti? E allora, religiosamente, recitò con le battute che avevamo preparato. Ma proprio non riusciva a resistere e ogni tanto, sommessamente, mi chiedeva: Michael, qui posso fare una piccola improvvisazione?". Un'istantanea autentica di Massimo Troisi, raccontata da Michael Radford, regista del film 'Il Postino'. L'ultima interpretazione dell'attore di San Giorgio a Cremano, scomparso il 4 giugno del 1994. Perchè dodici ore prima della morte di Troisi si chiuse anche, in una coincidenza struggente, quel set in cui Massimo sembra regalarci un ultimo sguardo. In sella alla sua bicicletta davanti al mare. 'Il Postino', nato quasi come una scommessa sarebbe poi diventato un capolavoro del cinema, con ben cinque nomination all'Oscar. Già una scommessa. Lo è stata anche la vita di Massimo, 'Pulcinella senza maschera', in un accento napoletano ostinato e irrinunciabile.

Sorridente e a tratti malinconico, Massimo Troisi era abituato a vincerle le scommesse perchè non si opponeva al destino. Lo affrontava con grazia, disincanto. Fin da giovanissimo aveva combattuto contro le febbri reumatiche, causa dello scompenso cardiaco alla valvola mitralica che gli sarebbe stato fatale ad appena 41 anni. E aveva un atteggiamento comico anche nei confronti della morte, come quando intitolò il suo film 'Morto Troisi..viva Troisi'. Il comico dei sentimenti, uno degli appellativi che gli sono stati affibiati, è stato il più grande esponente della nuova comicità napoletana nata agli albori degli anni Settanta. Per poi diventare, senza se e senza ma, uno dei maggiori interpreti nella storia del teatro e del cinema italiano. Quel cinema che Massimo ha amato fino alla fine. Visibilmente provato dalla malattia, scelse di non risparmiarsi dalle riprese del Postino per avere l’opportunità di Philippe Noiret nel ruolo del poeta Neruda.

'Ricomincio da tre', e i successi del 'Pulcinella senza maschera'

Nato nel '53 da un macchinista ferroviere e da una casalinga, il 'Pulcinella senza maschera' che il pubblico avrebbe amato fin dall’esordio nell'81 con 'Ricomincio da tre', si era formato sulle tavole del palcoscenico. Istintivo erede di Eduardo e di Totò, accostato anche a Buster Keaton e Woody Allen, aveva iniziato la sua carriera col gruppo 'I Saraceni' e poi con gli inossidabili amici de 'La Smorfia' (Lello Arena ed Enzo Decaro). Il successo del trio fu inatteso e immediato e fece da trampolino all'esordio nel cinema, proprio con 'Ricomincio da tre'. Un film che decretò il suo trionfo come attore e come regista. Vinse diversi riconoscimenti per la regia e per la sua interpretazione di Gaetano, due David di Donatello, tre Nastri d'argento e due Globi d'oro.

Alcuni critici lo acclamarono come il 'salvatore del cinema italiano', mentre altri lo accostarono ai due maestri del cinema partenopeo, Totò e Eduardo. Accostamenti che Troisi stesso, con grande modestia e umiltà, rifiutò: «No, a me sembra anche irriverente fare questo paragone. Ma non lo dico per modestia, perché non si fa il paragone con Totò o con Eduardo, questa è gente che è stata trenta-quaranta anni e quindi ci ha lasciato un patrimonio'. Ma il patrimonio che ci ha lasciato il comico dei sentimenti va oltre il mondo del cinema. Dall'inizio degli anni Ottanta si è dedicato anima e corpo a questo mestiere, interpretando dodici film e dirigendone quattro. Con uno stile inconfondibile, una capacità espressiva verbale e mimica. E una gestualità solo sua che univa ruoli comici e leggeri a quelli più riflessivi. Nel 1983 firmò la sua seconda pellicola e forse il suo capolavoro: 'Scusate il ritardo'.

'Scusate il ritardo' e lo scudetto del Napoli dell'87

Massimo Troisi dimostrò subito di essere un autore scomodo per il sistema consolidato del cinema, faceva i film quando ne aveva voglia, quando ne sentiva veramente l'esigenza. Con 'Scusate il ritardo' ricreò anche una serie di personaggi-tipo, onnipresenti nel teatro di sempre. Come l'amico di Vincenzo, Tonino, interpretato da Lello Arena, un richiamo al personaggio del vinto d'amore, già presente nella letteratura greca e latina. E fu talmente un capolavoro da ispirare nell'87, anche il mondo del calcio napoletano. Quell'anno, grazie al pareggio casalingo contro la Fiorentina, il Napoli di Ottavio Bianchi vinse il suo primo scudetto e i tifosi esposero in una strada di Napoli un grande striscione azzurro con su scritto 'Scusate il ritardo'. Poi la collaborazione con Roberto Benigni, in 'Non ci resta che piangere', e le pellicole con Ettore Scola e Marcello Mastroianni.

Troisi cercò di inseguire una forma espressiva che indicasse una nuova strada al cinema italiano e spazzasse via i vizi della commedia decadente. Per questa ragione decise di affrontare nuove tematiche e rompere i soliti cliché della vecchia commedia. Nei suoi film non esistevano più i personaggi partenopei 'disoccupati, latin lover o camorristi', maestri nell'arte dell'arrangiarsi. Al loro posto c'era l'antieroe timido, di una timidezza a tratti quasi adolescenziale. Tra balbuzie, frasi monche, interrogativi senza risposte e un linguaggio mille volte più espressivo delle mani e degli occhi. Nonostante il tentativo di lottare contro gli stereotipi della napoletanità tradizionale, Napoli è presente nelle sue opere, ma come frammento di una realtà di più ampio respiro che varca i confini regionali. E il linguaggio, il dialetto napoletano, usato con estrema forza come vera e propria 'lingua'. Un'appartenenza storico-geografica fondamentale per la poetica e l'espressività dei suoi film.

Le storie di Massimo e gli amici di sempre

A livello professionale Massimo Troisi ebbe numerose collaborazioni artistiche, spesso sfociate in fraterne amicizie: su tutte, quelle con Lello Arena, Enzo Decaro, Pino Daniele, Roberto Benigni, Carlo Verdone. E Anna Pavignano, sceneggiatrice di molte sue pellicole e sua compagna per dieci anni. Sul set di 'Le vie del signore sono finite' conobbe Jo Champa, a cui rimase legato per due anni. Poi l'amore con Clarissa Burt e Nathalie Caldonazzo, che gli fu vicina fino al '94. Quella con Pino Daniele è stata una collaborazione artistica eccezionale, ma soprattutto una grande amicizia. Alfredo Cozzolino, amico del cuore di Massimo Troisi, ha raccontato più volte dei loro incontri. "Pino era ammirato dall’arte di Massimo, Massimo era ammirato dall’arte di Pino. Quando Pino suonava, Massimo lo ascoltava incantato. Quando Massimo faceva battute, Pino lo ascoltava incantato".

Un aneddoto su tutti: "Massimo aveva una piccola telecamera. Quando arrivava Pino, l’accendeva e la nascondeva, così da registrarlo di nascosto, mentre cantava e suonava. Poi conservava le cassette ed ogni tanto se le riguardava, come un qualsiasi fan che avesse avuto l’occasione di incontrare il suo cantante preferito". Troisi scrisse 'O ssaje comme fa 'o core', una poesia messa in musica dall'amico Pino Daniele, un'allusione tanto ai problemi al cuore (sia dell'attore sia dell'amico musicista) quanto al romanticismo che ha unito le loro anime.

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Una risposta a “Massimo Troisi, il comico dei sentimenti tradito dal suo cuore”

  1. Maria Urbano ha detto:

    Un grande....immortale