Cyberbullismo: parte da Milano il quinto tour 'Vita da social'

'Vita da social', il tour contro il cyberbullismo

Parte da Milano 'vita da social', il tour contro il cyberbullismo della Polizia postale e delle telecomunicazioni, in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione e il patrocinio del Garante per l'infanzia. Un viaggio che porterà il 'truck' della Polizia per tutta Italia con una serie di iniziative collaterali. Per avvicinare i giovani ai temi della sicurezza sul web e contro il bullismo. Si tratta di una iniziativa giunta ormai al quinto anno e che ha visto coinvolti oltre un milione di studenti. Oltre al quintuplicarsi, di segnalazioni e denunce da parte dei giovani utenti di Internet.

Istituzioni sempre più punto di riferimento per i ragazzi

All'incontro per la presentazione del tour, era presente Paolo Picchio, il padre di Carolina, la 14enne che si è tolta la vita il 5 gennaio 2013 dopo essere stata vittima di cyberbullismo. A giorni verrà siglato un accordo con il Dipartimento per la Giustizia minorile, ha fatto sapere il Dirigente centrale delle Specialità di Polizia di Stato, Roberto Sgalla, "per essere sempre più punto di riferimento per i ragazzi".

Campagne di prevenzione e informazione

Ecco il perché delle campagne di prevenzione e informazione. Bisogna fare rete senza sostituirsi a genitori o insegnanti. Parlare con i ragazzi e mettere a disposizione degli strumenti". Come le linee guida per la sicurezza sul web realizzate con la Facoltà di Psicologia dell'Università La sapienza, o i servizi online di Agente Lisa, o ancora l'App 'YouPol' per segnalare bulli e spacciatori.

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Violenza online: sei giovani su dieci condividono in rete immagini private

Indagini della Polizia Postale e delle Comunicazioni su casi di cyberbullismo, cyberpedofilia e violenza online

Nove ragazzi su dieci utilizzano Instagram per comunicare tra loro mentre sei su dieci hanno e usano giornalmente un profilo Facebook. Stare sui social network per i giovani, nel 60 per cento dei casi, vuol dire stare insieme in rete, per socializzare e soddisfare la curiosità tipica dell'età, soprattutto attraverso gli smartphone. Lo dice la ricerca scientifica "Quanto Condividi?", realizzata dall'Università Sapienza di Roma e dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, con la collaborazione del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. Grande attenzione da parte delle autorità verso gli episodi di violenza online.

La ricerca scientifica elabora storie vere di indagini della Polizia Postale e delle Comunicazioni

La ricerca, elaborata dai risultati di duemila questionari a giovani di età compresa tra i 13 e i 17 anni, ha utilizzato storie vere di indagini della Polizia Postale e delle Comunicazioni su casi di cyberbullismo, cyberpedofilia e violenza online. Più del 60% dei più piccoli crede erroneamente di poter limitare l'accesso a contenuti personali che condivide sui social in modo definitivo. Gli adolescenti sembrano prendere le azioni online come un gioco privo di conseguenze. Solo nel 36% dei casi i ragazzi delle scuole superiori dimostrano di comprendere correttamente che i video o le immagini postate possono avere un pubblico potenzialmente globale quando vengono immesse in rete.

Emerge una forte tendenza dei ragazzi a colpevolizzare la vittima di violenza online

Emerge una forte tendenza dei ragazzi a colpevolizzare la vittima quando questa corrisponde a richieste. La ritengono responsabile in prima persona del danno che subisce perché diffondendo immagini private, accetta implicitamente il rischio che siano viralizzate in rete. La vendetta per uno smacco virtuale è ammessa e non c'è molta comprensione per la sofferenza di chi viene umiliato, diffamato e deriso in rete. Per sette preadolescenti su dieci, i genitori sono i primi a cui chiedere aiuto quando si è vittime di reati online. Tra i più grandi, ben sei su dieci, cercano conforto nei coetanei.

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