Dalai Lama, 83 anni nella 'ruota del tempo'

La nascita, 83 anni fa, del Dalai Lama Nobel per la Pace

"Segui sempre le tre R: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni". Uno dei diciotto principi della felicità, secondo sua Santità Tenzin Gyatso, quattordicesimo Dalai Lama del Tibet. Nato il 6 luglio di 83 anni fa, uno dei simboli della spiritualità e della pace suprema nel mondo, ha attraversato con un carisma fuori dal comune la filosofia del 'Kalachakra'. Ossia la 'ruota del tempo', una concezione che aspira ad una evoluzione positiva di tutta la vita intelligente, nel sacro ambiente di questo pianeta. Monaco buddhista nell'ordine religioso fondato da Buddha Shakyamuni intorno al 525 a.C. e rivitalizzato in Tibet da Lama Tzong Khapa nel 1400, è portavoce dell'antica tradizione educativa buddhista. Per i suoi seguaci è una reincarnazione del Buddha Avalokiteshvara, l'arcangelo buddhista Mahayana della compassione. Il Dalai Lama, titolo attribuito dai sovrani mongoli che significa 'Oceano di Saggezza', è il salvatore dei Tibetani.

Quello della 'ruota del tempo' è un concetto che torna in tante massime e pensieri del Dalai Lama, diventati un'icona di spiritualità. Soprattutto quando parla del mondo occidentale. “Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se dovessero non morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto.” Parole del Premio Nobel per la Pace (per la sua lotta nonviolenta a favore della liberazione del Tibet nell'89), portavoce della comprensione tra i popoli e religioni, ha ricevuto anche numerose lauree honoris causa e riconoscimenti internazionali. Il tempo come senso della vita, impresso in un'altra profonda massima del Maestro di saggezza: "Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere".

L'esilio in India di Sua Santità Tenzin Gyatso dal '59

Il titolo di Dalai Lama viene attribuito da secoli al supremo rappresentante della tradizione buddista tibetana, che fa parte della cosiddetta Scuola dei berretti gialli. Fino a cinquanta anni fa era la figura religiosa e politica più importante del Tibet, ma da quando la regione asiatica è stata annessa alla Cina il Dalai Lama è in esilio. Un esilio che non gli ha fatto mai perdere prestigio internazionale e forza spirituale. Il suo predecessore, il tredicesimo Dalai Lama ha lottato strenuamente per mantenere indipendente il Tibet, conteso all'inizio del secolo scorso da Inghilterra, Russia e Cina. Ma non è riuscito a realizzare quel sogno. Dopo l'inclusione del Tibet nella Repubblica popolare cinese (1951) e alcune rivolte tibetane contro i cinesi, nel '59 Tenzin Gyatso ha chiesto asilo in India, dove risiede tuttora. Nato da famiglia contadina, in un piccolo villaggio nel nord-est del Tibet, a soli due anni, è stato riconosciuto ufficialmente quale reincarnazione del suo predecessore.

La sua educazione monastica inizia fin da piccolo: a sei anni studia arte e cultura tibetana, sanscrito, medicina, logica e filosofia buddista. A quindici anni assume pieni poteri politici del suo paese (capo di Stato e di Governo) mentre il Tibet sta faticosamente trattando con la Cina per impedire l'invasione del proprio territorio. Nel frattempo il Dalai Lama viene insignito del Geshe Lharampa degree, dottorato in filosofia del buddismo, conseguito al Jokhang Temple di Lhasa durante il tradizionale Monlam Prayer Festival. Nel '59 falliscono tutti i tentativi di far rispettare alla Cina gli impegni di un trattato che prevedeva l'autonomia e il rispetto religioso dei tibetani. Con la brutale repressione dell'Insurrezione Nazionale Tibetana a Lhasa, da parte dell'esercito cinese, il Dalai Lama è costretto all'esilio in India. Da allora l'esodo continuo dei tibetani dal proprio paese ha rappresentato un'emergenza internazionale su cui troppo spesso si spengono i riflettori.

Il Dalai Lama e il sogno di sempre di un Tibet libero

Dall'India, il Dalai Lama non ha mai smesso di lottare, senza mai ricorrere alla forza ma in maniera sempre decisa, per far valere i diritti dei tibetani contro la dittatura cinese. I suoi insegnamenti, però, sono sempre andati ben oltre i confini delle nazioni. Con la costituzione del Governo Tibetano in esilio, il Dalai Lama ha subito compreso che il suo primo obiettivo doveva essere la preservazione della comunità tibetana e della sua cultura. Nel '63, Sua Santità ha promulgato una costituzione democratica, che servisse da modello per un futuro Tibet libero, basata sia sui principi del Buddismo sia sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Venticinque anni dopo ha proposto un Patto di Pace in cinque punti per avviare una soluzione pacifica della situazione, che però non ha avuto evoluzioni particolari. Solo nel 2002 e nel 2003, due delegazioni tibetane si sono recate in Cina e in Tibet per porre le basi di un futuro negoziato.

<> on February 26, 2014 in Los Angeles, California.

Oggi i membri del parlamento sono eletti direttamente dal popolo che, dalla primavera 2001, elegge direttamente anche il Kalon Tripa, o Primo Ministro, del governo tibetano. Il Primo Ministro, a sua volta, designa i componenti del proprio governo. Sua Santità ha continuamente sottolineato la necessità di democratizzare l’amministrazione tibetana e ha pubblicamente dichiarato che quando il Tibet avrà ottenuto l’indipendenza, non manterrà alcuna carica politica. Resteranno sempre e comunque il suo carisma spirituale e la luce che ha portato nei suoi viaggi in ben quarantasei nazioni del mondo. Nell'89, il Dalai Lama ha accettato il premio Nobel per la Pace "a nome di tutti gli oppressi, di tutti coloro che lottano per la libertà e la pace nel mondo e a nome del popolo tibetano". Nel suo commento disse: “Questo premio costituisce un’ulteriore conferma delle nostre convinzioni: usando come sole arma la verità, il coraggio e la determinazione, il Tibet sarà liberato". Sua Santità non perde la speranza e aspetta quel giorno.

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