Giacomo Agostini, il 'cannibale' del motomondiale

'Ago' spegne 76 candeline

"Non posso credere che Agostini sia un essere umano", esclamò Kenny Roberts dopo essere stato battuto con ampio distacco da 'Ago', alla 200 miglia di Daytona del '74. Non aveva ancora capito di avere a che fare con la leggenda del motociclismo, Giacomo Agostini. Soprannominato il 'cannibale' del motomondiale per aver scritto la storia dell’agonismo in sella alle due ruote, noto anche per i nomignoli 'Ago' e 'Mino', il pilota bresciano spegne oggi 76 candeline. Il numero uno dei campioni è stato un vero recordman. Nella storia del Campionato Mondiale di Velocità ha conquistato il maggior numero di titoli iridati, vincendo 123 Gran Premi e riuscendo a guadagnare il podio in 163 delle 190 gare disputate. Un palmarès d'eccezione e unico nel suo genere, con diciotto titoli nazionali, per un totale di 311 vittorie in gare ufficiali. Una vocazione, quella per il mondo dei motori, iniziata fin da bambino.

Giacomo Agostini, il 'cannibale' del motomondiale

A nove anni 'Ago' era già in sella al 'Galletto' della Guzzi, rubato in garage all'insaputa del padre. Ma non toccando ancora con i piedi a terra, cadde rovinosamente. La passione per il mondo delle moto era però inarrestabile, nonostante la ferma contrarietà del padre. Poi, in sella all'Aquilotto della Bianchi, tra le gare clandestine sulle strade sterrate del Lago d'Iseo e le gincane delle sagre paesane, era diventato un vero mago delle due ruote. Pronto a gareggiare. Il momento arrivò a 18 anni, età minima allora prevista in Italia per l'iscrizione alle gare ufficiali, previa autorizzazione paterna. Autorizzazione che 'Ago' riuscì a ottenere grazie a una divertente commedia degli equivoci. Il padre chiese un parere al notaio di famiglia, tanto saggio quanto sordo, che capendo bicicletta al posto di motocicletta, sentenziò: "Dai firma. Fagli fare dello sport, che fa bene e tiene lontani da distrazioni e pericoli". E così fu.

Dalla Morini alla Yamaha, le vittorie di Giacomo Agostini

Era il 1961 quando Giacomo Agostini riuscì ad avere la moto dei suoi sogni: una Morini 175 Settebello. La prima gara ufficiale, a cui partecipò con la fiammante Settebello portando i colori del Moto Club Costa Volpino, fu la gara in salita Trento-Bondone, dove si classificò secondo, alle spalle del celebre 'Scoiattolo della montagna'. Al secolo Attilio Damiani, campione italiano in carica considerato imbattibile nelle cronoscalate. Ma alla Bologna-San Luca, Agostini vinse a tempo di record, conquistando il primo posto assoluto. Alfonso Morini, che era tra gli spettatori, restò colpito da quella vittoria. La sera stessa si presentò nella pensione dove alloggiava 'Ago', offrendogli una moto ufficiale e un ingaggio per la Squadra Corse. Vittoria dopo vittoria con la Morini, il campione approdò poi alla MV Agusta. Era il '65, anno del motomondiale dove il 'cannibale' poté competere nelle classi 350 e 500, arrivando secondo in entrambe.

Fu solo l'inizio del binomio vincente Ago-MV, che in pochi anni conquistò 82 dei 102 gran premi disputati nelle classi 350 e 500. Nonostante gli sforzi tecnici di molti costruttori come Benelli, Kawasaki, Suzuki e Yamaha, quel binomio non fu scalfito. Fino al '74, anno dell'esordio sportivo con la Yamaha alla 200 miglia di Daytona, in Florida. Un esordio accompagnato da reazioni piuttosto sgradevoli da parte della stampa statunitense che incensava i piloti locali e apostrofava Agostini con epiteti taglienti. Come 'Ago-Daisy' (Ago la margherita), riferendosi alla sua fama di playboy, o apertamente razzisti come 'Ago-Dago', magnificando invece le funamboliche qualità del campione USA Kenny Roberts. Che pronosticò "Agostini non conosce il circuito e non conosce la sua moto; me lo mangerò tutto crudo". A divorare Roberts, con una prova di resistenza notevole, fu invece quel pilota italiano che aveva ignorato quelle provocazioni dimostrando la sua forza indiscussa.

Gli aneddoti del campione che voleva diventare il migliore

Giacomo Agostini, la leggenda indiscussa delle due ruote passata poi nel '78 alle quattro ruote, ha concluso la sua carriera come direttore sportivo del Team Marlboro-Yamaha. In questa veste ha conosciuto la donna della sua vita dalla quale ha avuto due figli. Una carriera scintillante, costellata di successi adrenalinici, flirt in prima pagina sui rotocalchi rosa. Divo di fotoromanzi, attore e testimonial per importanti aziende. Il primo ad investire su se stesso, ad avere una tuta sponsorizzata. Un idolo, sfrontato sulle due ruote in quelle foto patinate anni Sessanta in bianco e nero, ma pieno di aneddoti che lo raccontano davvero. 'Ago', un pilota particolarmente devoto al culto mariano, che faceva inserire nell'imbottitura del proprio casco una medaglietta della Madonna di Lourdes. Che nonostante la passione per le donne, adottava un comportamento 'monastico' prima di ogni gara. In totale astinenza da passioni amorose e alcoliche, pernottava in albergo per restare lontano dalle notti animate del Continental Circus.

Una clausura pre-gara che aveva un precedente ben preciso. All'inizio della carriera, nella gara della Temporada Romagnola di Cesenatico del '62, dopo una notte piuttosto movimentata, il futuro campione iridato non ebbe la sufficiente energia e lucidità per mantenere il ritmo impostato all'inizio. Uscì di pista danneggiando la moto e compromettendo il risultato, oltre al rischio di pesanti conseguenze fisiche. Non accadde più, perchè voleva diventare il migliore. "Andavo più forte degli altri perché ho assecondato un talento che mi ha dato madre natura. Magari molti altri lo avevano, ma devi avere anche il coraggio di credere nel tuo talento. Vuol dire che se scegli di provare a diventare il migliore devi sapere che non puoi fare tardi la sera, bere, avere ogni sera una donna diversa. Devi prenderti la responsabilità di credere nel tuo talento e di sacrificare molte cose per esso". Parola di Giacomo Agostini, il 'cannibale' del motomondiale.

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