Gino Bartali, il campione e quelle medaglie appese all'anima

Il campione dall'animo nobile, 18 anni fa la scomparsa di Gino Bartali

Il 5 maggio del 2000, con la scomparsa di Gino Bartali, il ciclismo perdeva uno dei campioni che hanno fatto la storia di questo sport e non solo. Una bicicletta e migliaia di pedalate con il coraggio e la passione di un animo nobile, in un periodo storico difficilissimo. "Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca", diceva il campione fiorentino nominato nel 2013 'Giusto tra le Nazioni'. Professionista dal 1934 al 1954, Bartali ha vinto tre volte il Giro d'Italia (1936, 1937, 1946) e due Tour de France (1938, 1948), oltre a numerose altre corse tra gli anni Trenta e Cinquanta, tra le quali spiccano quattro Milano-Sanremo e tre Giri di Lombardia.

Una carriera, quella di Gino Bartali, costellata da non poche difficoltà. Nei suoi anni migliori, il sopraggiungere della seconda guerra mondiale aveva portato con sé tensioni e sangue. Ma Bartali, soprannominato Ginettaccio, combatteva a suo modo la sua guerra. Quella delle pedalate in sella alla sua inseparabile bicicletta. Il suo avversario di sempre, il grande Fausto Coppi, più giovane di cinque anni. Leggendaria la rivalità tra i due grandi ciclisti, nello sport e nelle posizioni politiche, tanto che l'Italia dell'immediato dopoguerra si era spaccata in due.

Eppure la storia li ricorda insieme, in un tandem ideale. Emblematica e viva nell'immaginario collettivo è la foto che ritrae i due campioni mentre si passano la borraccia d'acqua durante l'ascesa al Col du Galibier al Tour de France del 1952. Un 'duello' finito per sempre con la morte prematura di Coppi: nella camera ardente Gino, piangendo e pregando con la mano di Fausto tra le sue, continuava a ripetere "È incredibile, è incredibile".

Una storia d'altri tempi, quando si correva per rabbia o per amore

Quella di Bartali, di Coppi e ancora prima del campionissimo Girardengo, è una storia sportiva d'altri tempi, 'quando si correva per rabbia o per amore'. Ma il volto di Bartali, con i suoi valori incrollabili e il suo carisma simili a uno statista, ha racchiuso la speranza di rinascita di un'Italia che nel Giro vedeva il suo specchio e la sua ricostruzione. Tanto che Indro Montanelli, nei suoi resoconti dal Giro d’Italia, lo aveva paragonato ad Alcide De Gasperi. La vittoria di Bartali al Tour de France 1948, come ricordano in molti, aveva contribuito ad allentare il clima di tensione sociale in Italia dopo l'attentato a Palmiro Togliatti. Anche se il campione, con il suo carattere riservato, ha sempre negato di avere dei meriti nella vicenda.


"La maglia rosa non mette mai i piedi a terra!", era la celebre espressione di Bartali mentre l'Italia provava a rialzarsi. Era una frase piena di significato perchè conteneva in sè non solo una voglia di riscatto e di vittoria nello sport. Ma la concezione stessa del ciclismo di allora, distante anni luce da oggi, dove i campioni erano per la maggior parte figli di gente umile, operosa e a suo modo eroica. Una realtà raccontata così da Curzio Malaparte: "In Bartali prevaleva il contadino, con la sua mistica elementare, la sua fede in Dio, il suo attaccamento ai valori tradizionali della terra".

Quelle medaglie appese all'anima, Gino Bartali Giusto tra le Nazioni

C'è un segreto che Ginettaccio ha nascosto a lungo nel silenzio della sua anima, legato a una missione nobile e rischiosa. Una missione che gli ha portato la nomina, nel 2013, di Giusto tra le Nazioni. Protagonisti, la bicicletta e il campione, che si era impegnato in prima persona per favorire la protezione di centinaia di ebrei minacciati dalle deportazioni nei campi di concentramento. All'interno dei tubolari della sua bicicletta e con l’alibi degli allenamenti, il campione aveva potuto trasportare documenti falsi per dare agli ebrei salvati una nuova identità. Un impegno tutto racchiuso nell'aforisma diventato celebre: 'Certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca'.

Questa straordinaria attività a favore dei perseguitati è stata descritta nel libro "Gino Bartali, mio papà" di Andrea Bartali. Il figlio del campione, scomparso lo scorso anno, ha fatto una lunga opera di ricerca di testimonianze e, insieme alla propria figlia Gioia, ha continuato a mantenere viva l'immagine di Gino. Nei giorni scorsi, Gino Bartali è diventato cittadino onorario di Israele. Alla cerimonia, alla presenza della nipote Gioia, a Gerusalemme, è stata inaugurata anche una pista ciclabile intitolata al grande campione.

Grazie alle sue tante vittorie Ginettaccio è stato inserito nella classifica della Cycling Hall of Fame ed è il secondo degli italiani dopo l'amico-rivale Fausto Coppi. Tante vittorie e una passione vera e semplice per il ciclismo, uno sport che è cambiato anno dopo anno, fino ad oggi. Il campione fiorentino negli ultimi anni non ha mai risparmiato critiche al doping, alla corruzione e agli ingaggi troppo alti, i mali dello sport che aveva tanto amato.

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