Jim Morrison, la leggenda del 'Re Lucertola'

Il 'Re Lucertola', scomparso il 3 luglio del '71

"Quando il mio corpo sarà cenere, il mio nome sarà leggenda". In uno dei versi poetici di Jim Morrison, scomparso il 3 luglio del '71, c'è come una premonizione. La fine di un'icona della rivoluzione culturale degli anni Sessanta, che ancora oggi, dopo quarantasette anni, è considerata profetica. Il 'Re Lucertola', leader carismatico e frontman della band statunitense The Doors è stato uno dei più grandi cantanti rock della storia, paragonato a Dioniso, divinità del delirio e della liberazione dei sensi. Profeta della libertà e poeta maledetto, James Douglas Morrison, o semplicemente Jim, ha incarnato simbolicamente la contestazione giovanile sessantottina deflagrata dall'ateneo di Berkeley e giunta poi in tutta Europa. Una delle icone della rivoluzione di costume degli anni '60, che ha trovato il suo sbocco politico nelle contestazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam. Jim, com'è sempre stato per i suoi fan che ancora gli portano fiori sulla sua tomba parigina, era di origini statunitensi.

Amante dei rettili e della cultura sciamanica, il 'Re Lucertola' ha pagato con la vita i suoi eccessi, fatalmente contrassegnati dall'abuso di alcol e droghe. Jim Morrison è, con il chitarrista Jimi Hendrix e la cantante Janis Joplin, uno dei tre rocker caduti nella cosiddetta 'maledizione della J', caratterizzata dalla morte per tutti e tre i musicisti all'età di 27 anni e in circostanze mai del tutto chiare. Il mistero della J racchiuso in quello più ampio del Club dei 27. Certo è che Il 3 luglio del '71 l'icona rock morì in circostanze misteriose nella casa di Parigi, nel quartiere 'Le Marais', dove alloggiava con la compagna Pamela Courson. Fu lei a trovarlo privo di vita nella vasca da bagno. Jim trovò così la tanto decantata fine ('This is the end, my only friend, the end...'), lasciando tutto ciò che aveva alla sua amata Pam, scomparsa tre anni dopo per overdose.

La fine di Jim Morrison, vivo o morto X

In un funerale segreto e frettoloso al cimitero parigino degli artisti di Père-Lachaise, Pamela salutò Jim recitando i versi finali del poema 'Celebrazione della Lucertola'. "Ora giunge la notte con le sue legioni purpuree/ Tornate alle vostre tende e ai vostri sogni/ Domani entreremo nella città della mia nascita/ Voglio essere pronto". La morte di Jim Morrison lasciava aperti molti interrogativi. Morte per cause naturali nella vasca da bagno di casa, o morte per overdose. Secondo il giornalista Sam Bernett, amico del leader dei Doors, Jim sarebbe morto di overdose nel nightclub 'Rock 'n' Roll Circus', dopo aver bevuto birra e vodka e sniffato una dose massiccia di eroina. Chiuso nel bagno del locale, sempre secondo Bernett, sarebbe stato trovato morto ma per nascondere il tutto, il cadavere sarebbe stato portato a casa e adagiato nella vasca da bagno.

Ci sono poi i sostenitori della teoria del complotto, secondo cui la morte di Jim Morrison fu tutta una messa in scena orchestrata dalla CIA, – con la sua, anche quella di Jimi Hendrix e Janis Joplin – per "far fuori" dalla circolazione artisti "scomodi" che con la loro musica inducevano milioni di fan a rifiutare la guerra in Vietnam e vivere in assoluta libertà secondo il modello della controcultura hippie. E ancora, c'è chi sostiene che sia vivo e abbia inscenato la sua morte per sottrarsi alla pressione della popolarità e dedicarsi alla poesia, seguendo così le orme del suo poeta-culto Arthur Rimbaud. Comunque siano andate realmente le cose, secondo la tesi dei biografi Hopkins-Sugerman, "a meno che non si tratti di un omicidio, poco importa come sia morto. La questione di fondo resta quella del 'suicidio'. In un modo o nell'altro, Jim è morto per autodistruzione, e scoprire in quale maniera è solo questione di determinare il calibro della metaforica pistola che lui stesso si è puntato alla tempia".

Il poeta-sciamano, re delle metamorfosi

A tracciare un ritratto di un poeta prestato alla musica, autore di versi celebri diventati icona, è Frank Lisciandro, fotografo e suo amico dai tempi dell'Università tra i banchi dell'UCLA. In scena Jim subiva una completa metamorfosi: "la sua voce dolce e garbata diveniva roca, aspra, profonda e potente. La sua posa dinoccolata si faceva arrogante, baldanzosa. Il suo quieto volto si trasformava in migliaia di maschere di tensione e di emozione. E i suoi occhi, di solito così penetranti e attenti, diventavano vacui e lontani, fino a tramutarsi in due finestre illuminate davanti al pubblico. Con questo sguardo chiaroveggente Jim sembrava scrutare sia nel futuro sia nel passato". Il 'Re Lucertola' danzava, "non in modo fluido e aggraziato, ma con brevi passi saltellanti e moto a stantuffo, sporto in avanti, la testa che scattava su e giù. Si muoveva come un indiano d'America in una danza rituale".

Sul palco Jim "diventava lo sciamano. Nel corso dell'esibizione, come un festante dionisiaco, cantava dei miti moderni, e come uno sciamano evocava un panico sensuale per rendere significative le parole di questi miti. Agiva come se un concerto fosse un rito, una cerimonia, una seduta spiritica, e lui era lo strumento per la comunicazione con il sovrannaturale". A chi lo ha amato e continua ad amarlo, ma anche a chi lo ha contestato per la sua vita dissoluta e sempre al limite, Jim Morrison lascia in eredità uno dei suoi versi migliori. "Quando non ci sarò più, non cercatemi dietro al marmo freddo di una tomba, cercatemi tra le rose. Quando non ci sarò più cercatemi nelle fotografie, fra i miei libri, fra le mie poesie, le mie canzoni e la mia musica. Cercatemi fra tutte le cose che amo di più, perché solo in queste cose troverete la mia anima".

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